Contratti successori: cosa sono e perché non sono validi sostituti del testamento

Vi siete mai chiesti il motivo per cui le volontà per il tempo in cui una persona avrà cessato di vivere possono esclusivamente raccogliersi all’interno del testamento? La risposta è racchiusa all’interno dell’art 458 del codice civile.

Nell’ordinamento italiano è nulla ogni convenzione con cui taluno disponga della propria successione. Questa diversa convenzione rispetto al testamento prende tecnicamente il nomen iuris di patto successorio istitutivo. Tale divieto mira alla migliore forma di tutela della libertà e della volontà testamentaria. Il de cuius, sino all’ultimo istante, deve essere libero di avere ripensamenti, cosi revocando o modificando la propria scheda testamentaria. La struttura unilaterale è un ulteriore supporto in tal senso. Egli deve potere esser arbitro esclusivo ed indiscusso delle proprie volontà. A motivo di ciò, nessuna pretesa né aspettativa potrà essere vantata da nessun ipotetico successibile prima dell’apertura della successione. Al contrario, ove si ammettesse un contratto successorio, il testatore sarebbe tenuto a rispettare l’impegno preso e ogni modifica imporrebbe il recupero del consenso dell’altro contraente.

Nel divieto dei patti successori rientrano altresì due ulteriori fattispecie accomunate dall’intento di inibire atti di prodigalità, nonché dalla ripugnanza sociale verso atti speculativi su un’eredità di persona ancora vivente.

La prima di queste figure, è quella dei patti successori dispositivi. L’espressione abbraccia tutte quelle convenzioni mediante le quali si dispone dei diritti che sol si prevede di ricevere in eredità. Non si fraintenda, è valido il negozio meramente condizionato alla nomina di erede. In tal caso, invero, è comunque scongiurato l’anticipato dilapidarsi di beni relativi ad una successione non ancora aperta. La condizione “se erediterò” rimane pienamente lecita in quanto la sua apposizione semplicemente condiziona gli effetti del negozio senza con ciò impegnare beni ereditari.

Anche la rinunzia rientra a tutti gli effetti tra gli atti dispositivi. Di qui l’estensione del divieto ai patti successori rinunciativi. Non è possibile quindi nemmeno anticipatamente rinunciare ai diritti che possono spettare su una futura successione altrui. Il risultato non cambia ove la rinuncia venisse fatta nel serio convincimento che la successione si fosse già aperta. Finisce così per impingere nel divieto, il legittimario- donatario che si dichiari già soddisfatto e tacitato nella quota di legittima spettantegli, quando ancora il donante sia in vita.

Lo stringente rigore applicativo del predetto divieto finisce per limitare in maniera importante la possibilità di pianificare per tempo la propria successione in accordo con gli eredi.

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