Donazioni: quando calcolarle ai fini successori

Ma quale è il momento in cui la collazione entra in gioco? Ebbene, tale fenomeno successorio è strumentale e preordinato alla divisione ereditaria. Serve, cioè, per fare correttamente i conti in sede di assegnazione, qualora taluno tra i coeredi abbia già ricevuto donazioni dal defunto. Neppure è strettamente necessario che siano effettivamente rimasti dei beni al momento della sua morte. Ma una cosa è certa. Assolutamente imprescindibile è, invece, la qualifica di coerede in capo a chi sia tenuto ad effettuare siffatto conferimento a favore della massa ereditaria da ripartirsi. Così, in un’ottica di divisione, non rientra nella collazione la donazione di chi non venga poi ad assumere la qualifica di erede del donante. Ma nemmeno quella dell’erede che non sia coniuge, figlio ovvero discendente del medesimo.

Resta, invece, indiscussa la rilevanza di ogni liberalità in termini di riunione fittizia ex art. 556 c.c.. La disposizione richiamata consente, infatti, di ricavare

la porzione di cui il defunto poteva liberamente disporre. Ed è gioco forza che nel calcolo vi rientrino pure le donazioni che, per definizione, avranno quanto meno iniziato ad eroderla. I legittimari, infatti, hanno diritto a che la quota loro riservata per legge venga parametrata non sui soli beni lasciati al momento dell’apertura della successione. Non, insomma, sull’eredità. Troppo facile, altrimenti, l’elusione della normativa in sfregio alla intangibilità della legittima! Sarebbe sufficiente disfarsi delle proprie sostanze, foss’anche in procinto di morte. Piuttosto, la porzione del legittimario deve calcolarsi sull’intero patrimonio del defunto, comprensivo dei beni donati. E, tra lo altro, a questi fini il donante neppure avrà modo di prevedere dispensa della donazione alcuna.

Dunque, la donazione a favore di un soggetto ancorché terzo rispetto alla famiglia, che non sia istituito erede, comunque impatta sul calcolo della porzione disponibile e, quindi, sull’eventuale lesione della quota riservata ai legittimari. Ma il donatario mai sarà tenuto a conferirla a favore della massa ereditaria a titolo di collazione.

La donazione, invece, ad un legittimario rileva nel senso che questi, nel caso in cui asserisca una lesione della propria legittima, non dovrà dimenticare di considerarne il valore. Come a dire, che prima di lamentare alcunché, non potrà tralasciare le regalie anticipatamente ricevute. Che pure hanno un loro peso. Egli, ancorché non sia erede, sarà quindi gravato dall’onere di provare il suo diritto al ristoro della legittima.

Infine, la donazione non ad un legittimario qualsiasi, ma al proprio coniuge ovvero al figlio o ai di discendenti di questo, che pure divenga proprio erede, involge pure la fase divisoria mediante collazione.


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