Ora che si sono viste le previsioni rinvenibili nell’impianto codicistico in tema di elargizioni e spese sostenute dai genitori e relativi impatti sulla vicenda successoria, non resta che passare ad una rapida rassegna di qualche esempio per meglio comprendere in che termini l’intervento del testatore può incidere sulla tematica attenzionata.
Ipotizziamo che un genitore, per gli studi universitari di uno dei suoi figli abbia speso 300.000 euro mentre in occasione del matrimonio dell’altro 200.000 euro e desideri che alla quota di eredità dei due figli siano rispettivamente imputate dette spese. Anche per garantire e così ripristinare la parità di trattamento tra gli stessi. L’intenzione, cioè, potrebbe essere quella che i figli, istituti eredi nell’atto di ultima volontà, per successivamente formare le porzioni in sede di divisione ereditaria dell’intero asse debbano tenere conto di queste spese.
Dati gli importi, e volendosi rientrare nella dicotomia prospettata nel focus precedente, risulta facile catalogare tali spese come eccedenti la misura ordinaria. Ebbene, proprio in base al già esaminato articolo 742 del Codice civile, la sola parte di queste spese che eccede la soglia dell’ordinario, deve per legge necessariamente considerarsi al momento della formazione dei lotti ereditari, venendo, di fatto, già dal sistema equiparata ad una regalia.
Ecco allora che non solo la richiesta espressa può essere accolta. Ma per ottenere l’effetto desiderato dell’imputazione totale di tali somme, al testatore basterà imporre l’obbligo di conferire a favore della massa ereditaria il valore della sola parte ordinaria di tali spese. Infatti, nella misura in cui tali spese sono definibili straordinarie in relazione al patrimonio da cui l’elargizione promana l’obbligo di collazione è già per legge.
E lo strumento tecnico che permette di realizzare tale volontà ha un “nome e cognome”. La soluzione, insomma, sarebbe la collazione volontaria. Figura che assume il colore di un vero e proprio peso, oggi ammissibile per giurisprudenza prevalente. Può essere il testatore a dare libera espressione alla sua intenzione di costringere a collazionare anche beni che pure non si siano ricevuti a titolo di donazione. È infatti ammessa dal nostro sistema la possibilità di disporre che alla quota ereditaria vengano imputati beni o somme che pure non vi sarebbero soggette per legge.
Ed anzi, l’unico limite invalicabile perché possa imporsi su base volontaria siffatto obbligo è la qualità di erede del soggetto che in tal modo si va gravando.
Esiste un modo per sottrarsi a siffatta imposizione ad opera del testatore?
Solo la scelta di rinunciare all’eredità consente di evitare di soggiacere al vincolo della collazione.