Donare al coniuge o al figlio senza che ciò sia a liberazione di un dovere successorio a cui non ci si può sottrarre. Fare veramente della donazione quel regalo spontaneo che per nulla vada a interferire sulle faccende ereditarie. Su quanto, cioè, il legittimario comunque riceverà successione. Sembra questa l’eccezione in un mondo ormai così contorto. Eppure, non è l’evoluzione dei tempi ad aver portato a questo punto di approdo, ma già il legislatore del 1942 a individuarla quale sentir comune (il che la dice lunga!). È così strano volere fare un autentico dono ai propri figli o al proprio coniuge? Sembra proprio di sì, tanto che per crederci occorre che il donante esprima siffatta volontà.
Lo strumento che fa della donazione un vero regalo è la dispensa da collazione.
Il notaio potrà indagare questa intenzione di modo che non rimanga latente. Non che il legislatore imponga una forma specifica. Ma attenzione: non ogni vendita che simuli una donazione cela per ciò solo una dispensa da collazione!
La dispensa da collazione è dunque quel negozio che esonera, al momento dell’apertura della successione, il donatario dall’obbligo di conferire ai coeredi quanto ricevuto per donazione. Si sostanzia in una liberalità supplementare. Non indipendente ma a supplemento di quella principale. Solo la dispensa sconfigge la collazione. D’altronde, con la collazione, il legislatore non fa che tentare di avvicinarsi a quanto il testatore avrebbe potuto desiderare. Vale a dire un pari trattamento tra determinati soggetti. La dispensa da collazione è quanto serve a smentire tale presupposizione.
E qualora al donante sia sfuggita tale precisazione nella donazione o abbia dei successivi ripensamenti?
Alea iacta est al rogito della donazione? Niente affatto.
In ciò si vuole rassicurare il lettore. La dispensa da collazione potrà in tutta tranquillità inserirsi anche all’interno dell’atto di ultima volontà. Anzi, in tal caso, nessun dubbio nel positivamente accogliere un ripensamento mediante revoca della dispensa contenuta in un successivo testamento, foss’anche un olografo che pure contempi questa sola disposizione. Qualche maggiore perplessità desta, invece, la possibilità di rimuovere la dispensa inserita proprio all’interno della donazione. In quanto contratto, per ogni modifica, quale la revoca della dispensa, sembrerebbe non potersi prescindere dal consenso di ambedue i contraenti. Dunque, anche del donatario. Ma ben può comprendersi una sua potenziale ritrosia a fronte di un vantaggio ormai già ricevuto di cui finirebbe per privarsi. Tuttavia, cavalcando l’onda della natura giuridica tipicamente mortis causa di tale clausola, quand’anche contenuta all’interno di una donazione, e quindi, disconoscendovi i relativi effetti prima dell’apertura della successione, ben si potrebbe procedere con la revoca della dispensa anche in tale ipotesi.
La dispensa da collazione ha un suo contrario che è la collazione volontaria. Con essa, è il testatore ad imporre l’obbligo di conferire alla massa ereditaria quanto donato a soggetti che pure non vi sarebbero tenuti per legge, purché coeredi.