La trasformazione transfrontaliera

Il tema delle operazioni societarie transfrontaliere ha recentemente acquisito un ruolo centrale nel panorama europeo e internazionale. Per lungo tempo, tali operazioni sono state regolate sulla base della disciplina prevista per le fusioni transfrontaliere, in forza della direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 30 maggio 2008 n. 108. Il quadro normativo offerto dalla successiva Direttiva UE 2017/1132 risultava frammentato e ricco di incertezze, poiché regolava solo la fusione e la scissione delle società di capitali, senza superare gli ostacoli per l’esercizio della libertà di stabilimento, principio cardine dell’ordinamento europeo.

La necessità di una disciplina organica delle trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere ha condotto l’ordinamento europeo all’emanazione dell’ultima Direttiva 2019/2121/UE, recepita in Italia con il Decreto legislativo 2 marzo 2023 n. 19, che ha introdotto nel codice civile la fattispecie del trasferimento della sede sociale all’estero, chiarendo ogni dubbio circa la procedura da adottarsi. L’art. 2510-bis c.c. statuisce chiaramente che “il trasferimento all’estero della sede statutaria è posto in essere mediante trasformazione in conformità alle disposizioni che regolano le operazioni di trasformazione transfrontaliera e internazionale”.

Alla luce della definizione presente nell’art. 86-ter della Direttiva 2019/2121, si può affermare che la trasformazione transfrontaliera è “l’operazione mediante la quale una società, senza essere sciolta né sottoposta a liquidazione, pur conservando la propria personalità giuridica, muta il tipo in cui è iscritta nello Stato membro di partenza in uno dei tipi di società elencati nell’allegato II, previsti per le società nello Stato membro di destinazione, nel quale trasferisce almeno la sede sociale”.

Le trasformazioni in uscita

A seguito dei recenti sviluppi normativi, una società italiana attualmente:

  • può trasferire la sede all’estero solo assoggettandosi alla legge dello Stato di destinazione e, pertanto, attuando una trasformazione transfrontaliera o internazionale, in conformità al citato art. 2510-bis c.c.;
  • non può mantenere la sede in Italia e assoggettarsi alla legge di uno Stato estero, poiché tale fattispecie costituirebbe una violazione dell’art. 25, comma 1, della Legge n. 218/1995, secondo cui “si applica la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti”, oltre che dell’art. 86-ter della recente Direttiva, sopra richiamata.

Le trasformazioni in entrata

Diversamente, una società costituita ed avente sede in uno Stato estero e regolata dal diritto di tale Stato:

  • può trasferire la sede in Italia solo assoggettandosi alla legge italiana in conformità al citato art. 25, comma 1, della Legge sul Diritto Internazionale Privato n. 218/1995;
  • non può mantenere la sede all’estero ed assoggettarsi alla legge italiana, verificandosi altrimenti la violazione del Diritto Internazionale Privato, oltre che del citato art. 86-ter della Direttiva.
 

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