La tutela dei legittimari quali beneficiari del Trust 

La mancanza di una legge interna che disciplini l’istituto del Trust, comporta per il disponente italiano la necessità di individuare una legge straniera che lo regolamenti. La stessa Convenzione dell’Aja del 1985 prevede che il trust possa essere disciplinato dalla legge straniera che sia espressamente indicata dal soggetto che lo istituisce, precisando che tale previsione, in ogni caso non può portare alla disapplicazione delle norme imperative interne del nostro ordinamento, tra cui le norme in materia di testamenti, devoluzione ereditaria e successione necessaria. L’ordinamento italiano, infatti, sancisce il principio inderogabile di intangibilità della quota di legittima, e pertanto, ne consegue che il trust non potrà mai essere impiegato quale strumento per ledere i diritti dei legittimari.

Nell’ipotesi in cui il legittimario sia stato nominato beneficiario del trust, riceverà la quota di riserva solo al termine dello stesso, termine che può essere previsto nell’atto istitutivo del trust, oppure direttamente nel testamento, in ogni caso riceverà una quota che risulta vincolata. Il trust, infatti, comporta un vincolo dei beni conferiti e rappresenta, ai sensi dell’art 549 codice civile un peso sulla quota di legittima, in quanto pregiudica il diritto del legittimario di disporre liberamente della propria quota di riserva. Di conseguenza, la disposizione del vincolo in trust contenuta nel testamento, proprio in virtù del divieto sopra citato dovrebbe considerarsi nulla tout court, non potendo il legittimario leso ricevere i beni liberi da qualsiasi vincolo.

A tal proposito si è pronunciata la Corte di Cassazione con ordinanza n. 5073/2023, individuando quale rimedio alla lesione del legittimario non la nullità della disposizione mortis causa, ma l’azione di riduzione. Infatti il ricorso alla sanzione di nullità è stato considerato eccessivo rispetto alle esigenze di tutela dei legittimari lesi, oltre alla considerazione per cui si renda necessaria una tutela di natura personale, quale l’azione di riduzione. In caso contrario l’azione di nullità potrebbe essere proposta da chiunque vi abbia interesse, con la conseguenza di rendere eccessivamente dubbia la certezza dei rapporti giuridici, ed in particolare dei rapporti successori. Rileva, inoltre, considerare che la pronuncia di nullità travolgerebbe l’attribuzione patrimoniale nella sua interezza, non soltanto nei limiti necessari all’integrazione della legittima, con il rischio di modificare e violare la volontà del disponente anche superando i limiti delineati dalle norme vigenti poste a tutela dei legittimari. L’azione di riduzione, in definitiva, risulta essere il rimedio con cui il legittimario leso può reintegrare la propria quota di legittima nel caso in cui la lesione derivi da un trust, in quanto determina l’inefficacia solo della singola disposizione lesiva e nella sola misura necessaria ad integrare la legittima.

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