Potrebbe capitare di ritrovarsi insieme ad altri soggetti in una situazione di contitolarità di più beni nelle stesse quote. Potrebbe anche accadere che i vari beni abbiano differenti titoli di provenienza, ma che comunque siano coinvolti i medesimi soggetti. Quid iuris se si intendesse procedere con le relative ripartizioni? Verrebbe intuitivamente da pensare che possa procedersi sic et simpliciter ad un’unica operazione di scioglimento. Ebbene, non è cosi.
Una pluralità di titoli di acquisto comporta l’inevitabile instaurarsi di una pluralità di comunioni, ciascuna attestata dal proprio titolo di provenienza. E allora addentriamoci nella tematica onde individuare quella che è la soluzione idonea per ottenere l’effetto desiderato.
Scalfito deve anzitutto risultare il principio della piena corrispondenza “pluralità di titoli di acquisto – pluralità di comunioni”. Fenomeno meglio noto sotto la dizione di “masse plurime”.
Corollario: chiedersi e definire quanto risulti di spettanza di ciascun condividente. A cosa, cioè, ciascun contitolare ha diritto: ad un’unica quota corrispondente alla somma delle singole quote relative alle varie comunioni o piuttosto a tante quote quante sono le comunioni createsi? Per una corretta risposta la scelta deve concentrarsi su quest’ultima alternativa.
Se questo è vero, solo ricorrendo a tanti singoli negozi dagli effetti divisori quante siano le comunioni si potrà addivenire allo scioglimento delle masse plurime. L’alternativa, che pur consente di ragguagliare il medesimo risultato è data dal ricorso ad altri atti estintivi della comunione, quali permute, vendite con compensazioni, rinunzie incrociate alle quote ecc…
Ad ogni modo, non potrà prescindersi dallo stipulare tanti atti quante siano le “masse” originate. Dunque, di regola, si avranno tante divisioni quante sono le masse plurime da sciogliersi. Ciascuna autonomamente tassata.
V’è una vistosa eccezione. E già perché ove l’ultima delle provenienze che ha generato la situazione di contitolarità sia successoria, il legislatore ha pensato che il tutto potesse essere considerato come unica massa. Non che ci sia in realtà nemmeno in questo caso un’unica comunione. Più semplicemente, l’art 34 del dpr 131/1986 consente di trattare tale ipotesi come se fosse un’unica comunione. La ratio probabilmente può essere dettata dalla circostanza che la provenienza mortis causa del tutto prescinde dalla volontà dei paciscenti.
Duplice l’agevolazione. Anzitutto la possibilità di stipulare un unico atto divisorio, valevole e comprensivo di tutti i beni condivisi. Inoltre e per l’effetto, vien a generarsi un indubbio vantaggio fiscale consistente nell’applicazione della sola aliquota del 1%.