Niente diritto reale di abitazione al convivente di fatto superstite

L’Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza non vanno in ferie. Si è recentemente assistito ad un proliferare di brevi ma puntali e penetranti interventi latu sensu avvinti dalla comune tematica trasversale della premorienza.

Quest’oggi si crea occasione per soffermarsi sulle precisazioni intercorse pel caso in cui la premorienza interessi il convivente di fatto.

Urge una premessa. In assenza di testamento, il convivente non vanta alcun titolo a livello successorio. Non rientra, invero, né tra i soggetti con diritto a succedere, né nel novero dei cosiddetti legittimari. Occorre all’uopo avere l’accortezza di redigere apposito testamento sì da consentire la successione del convivente e, volendolo, finanche la destinazione a suo favore della casa di residenza familiare. In caso contrario, devoluta agli eredi del defunto.

Fondamentale, a tal proposito, il traguardo raggiunto e la tutela predisposta dalla Legge Cirinnà (L. 76/2016). Il comma 42 dell’unico articolo 1 prevede per il convivente di fatto superstite, che sia tale secondo i crismi definitori della normativa in commento, il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza di proprietà del convivente deceduto.

Immediato il richiamo ai diritti di abitazione ed uso della casa di residenza familiare spettanti al coniuge superstite. Diritti su cui proprio quest’estate è tornata ad esprimersi la Cassazione. Con pronuncia n. 15000/2021 si ribadisce l’esclusione dei suddetti diritti e perfino della valorizzazione monetaria dei medesimi ove l’abitazione di residenza sia in comproprietà con soggetti terzi. Conclusioni probabilmente valevoli anche per l’ipotesi di esistenza di altro diritto reale di godimento.

In realtà, e a ben vedere, svariate le differenze rispetto ai diritti che l’art 540 II del codice civile riserva a chi vanti lo status coniugale.

Non solo in termini di durata, limitata, per il convivente, a soli due anni, ovvero, se maggiore, ad un periodo pari alla convivenza, salvo il doversi necessariamente ricomprendere nel limen di cinque anni.

Ma soprattutto, e qui si inserisce la recentissima risposta ad un interpello offerta dell’Agenzia delle Entrate, a livello di natura giuridica. Il diritto di abitazione riconosciuto al convivente superstite ha natura meramente obbligatoria. La convivenza determina, sulla casa ove si svolge, un potere di fatto riconducibile ad una detenzione qualificata. Occorre, allora, sgombrare il campo da paralleli tanto con il diritto reale di abitazione ex art 1022 cc., quanto con il diritto di abitazione spettante al coniuge superstite ai sensi dell’art 540 cc. Nessun diritto reale di abitazione nella casa adibita a convivenza spetta al convivente di fatto superstite. Preclusa del pari la sua indicazione quale titolare del medesimo diritto nella dichiarazione di successione.

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