Fino ad ora abbiamo scherzato. Ma non è affatto sempre così semplice e scontato individuare nella maniera corretta l’oggetto di collazione. Si pensi all’ipotesi di donazione di un terreno. E se sullo stesso venisse realizzata una costruzione, i cui lavori magari siano anche iniziati prima della donazione, ma vengano ultimati dopo di essa e, in particolare, all’apertura della successione… si collaziona il fabbricato o il terreno?
Ebbene, secondo la recentissima pronuncia della Cassazione n. 28391 del 29 settembre 2022 oggetto di collazione sarebbe il solo terreno. Non può rientrare nell’obbligo collatizio il valore delle migliorie apportate al terreno donato. Non opererebbe, insomma, il principio dell’accessione in forza del quale dovrebbe conferirsi in collazione anche quanto realizzato a spese del donatario. D’altronde, il conferimento delle donazioni finalizzato alla ricostituzione del patrimonio del de cuius (la collazione, appunto) non può certo comprendere ciò che, in quanto realizzato dal donatario, per definizione non è mai appartenuto al donante! Tutto chiaro e (sembra) anche piuttosto lineare. Ma la pronuncia verte sulla sola collazione che avvenga per imputazione.
Quid iuris nel caso di collazione in natura? Giungere alle medesime considerazioni sembrerebbe piuttosto difficile. E, del resto, tale questione resta aperta, non essendosi espressa nemmeno la Suprema Corte.
Quali sono, invece, i riflessi sul sistema della collazione laddove non si sia ricevuta una donazione diretta ma piuttosto una liberalità indiretta mediante intestazione del bene in nome altrui? Oggetto di collazione sarà la somma di denaro sborsata dal defunto oppure l’immobile che si sia acquistato grazie a tale provvista? Di fronte ad una divergenza tra quanto è uscito dal patrimonio del de cuius (denaro), e quel di cui si è arricchito il donatario (immobile), su quale criterio basarsi per rispettare in maniera conforme l’obbligo di collazione? Ancora una volta, è nella giurisprudenza della Cassazione che si può rinvenire risposta. Oggetto di collazione è l’immobile: il riferimento va, infatti, a ciò che è entrato nel patrimonio del donatario. Insomma, a ciò che il donatario “ha ricevuto in vita dal defunto” per dirla come vuole la lettera dell’articolo 737 c.c.. Principio, a ben vedere, perfettamente rispettato anche nella diversa ipotesi poc’anzi riportata.
E se la donazione fosse diretta del danaro ancorché preordinata allo scopo, non risultante dall’atto, di acquistare, ad esempio, una casa? Per Cassazione costante perché oggetto di collazione sia l’immobile, basta che concretamente sussista un collegamento tra la dazione della somma e l’acquisto immobiliare. Si prescinde in toto dal fatto che il collegamento necessariamente emerga o meno dall’atto. Determinante la destinazione.