Ok alla rivalutazione dei beni aziendali e a clausole statutarie ibride

Si intende chiudere il quadro delineato dai vari decreti emergenziali con un rapido flash circa la non trascurabile opportunità di rivalutare i beni d’impresa con riferimento all’esercizio 2020.

A introdurla è l’articolo 110 del Dl. 104/2020, convertito in legge in data 13 ottobre. Si consente alle società di rivalutare i propri beni, così da accrescere le possibilità di un accesso più agevole a prestiti e autofinanziamenti. La tematica della patrimonializzazione delle società ha appassionato a più riprese il legislatore nei mesi segnati dall’urgenza sanitaria. Nel caso che ci occupa, la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni sociali di controllo e collegamento, risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2019, permette l’iscrizione di un saldo attivo come riserva di patrimonio netto. Interessante anche la possibilità di effettuare la rivalutazione altresì limitatamente ad un singolo bene. Doppia la chance a disposizione: effettuare una rivalutazione ai soli fini civilistici, ovvero pagare un’imposta sostitutiva con aliquota ridotta al 3%, acquisendo in tal modo anche il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni rivalutati. Maggior valore ai fini fiscali che si registrerà già a partire dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, quindi fin dall’esercizio 2021. Si dovrà invece attendere il 2024 per il riconoscimento del costo ai fini delle plusvalenze. Avverrà dunque con riferimento al costo del bene pre rivalutazione la determinazione delle plusvalenze generate da eventuali cessioni a titolo oneroso, assegnazioni ai soci o destinazioni per finalità estranee all’esercizio di impresa dei beni rivalutati che preceda il quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio è avvenuta la rivalutazione.

Una panoramica completa delle novità disponibili nel settore societario impone di volgere lo sguardo ben oltre le fonti legislative. Si intende segnalare, tra i vari, il recentissimo orientamento favorevole all’introduzione di clausole statutarie che subordinino il trasferimento delle partecipazioni all’adesione ad un determinato patto parasociale da parte del terzo acquirente. Non che i patti parasociali non abbiano prima d’ora già avuto modo di trovare ingresso all’interno degli statuti. Ma si comprende come ragioni di riservatezza portino molte società ad un atteggiamento restio quanto all’adozione di un loro diretto ed esplicito inserimento nel corpo statutario. Di qui l’idea di accogliere una soluzione ibrida quale l’inserimento di una clausola che limiti la circolazione delle partecipazioni sociali, condizionandola all’adesione all’accordo parasociale cui solo si faccia rinvio senza che venga riprodotto in statuto.

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