Intrasferibilità parziale. Argomento sempre più in auge in ambito societario. In tema di clausole statutarie di società di capitali, più in particolare.
Ma cosa si intende per intrasferibilità parziale?
Il riferimento è a quelle clausole che subordinano la cessione della partecipazione sociale alla condizione che il socio trasferisca l’intero suo pacchetto azionario ovvero l’intera partecipazione in sua titolarità. Clausole che possono poi divergere a seconda che consentano o meno l’acquisto contestuale da parte di una pluralità di acquirenti. Con ratio, nel primo caso, ravvisabile nella volontà di evitare il disinvestimento parziale, cui si aggiungerebbe, nella seconda ipotesi, quella di evitare l’eccessivo frazionamento.
Può ritenersi legittima una simile previsione? Quali le problematiche che essa pone?
Si parta dalla regola basica nelle società di capitali: la libera trasferibilità della partecipazione. Beninteso, non che non si possano introdurre limiti alla circolazione. Questi, però, verrebbero a porsi quale vistosa eccezione, concessa a patto che si rispettino determinati correttivi dettati, rispettivamente, dagli articoli 2355 bis c.c. per le S.p.a. e 2469 c.c. quanto alle S.r.l..
E allora, c’è il rischio che, di fatto, l’intrasferibilità parziale si traduca in un divieto di alienazione?
Il socio uscente si troverebbe spalle al muro di fronte all’alternativa tra mantenere la propria partecipazione oppure integralmente dismetterla. Ma, a ben vedere, non è prigioniero della società. L’alienazione non gli è certo preclusa, per quanto a simili condizioni possa condividersi il suo eventuale scarso interesse a proceder in tal senso.
Il Consiglio Notarile di Milano con la Massima n. 201 del 5 luglio 2022 ha dato il suo ok alla formulazione statutaria di tali clausole.
D’altronde, nelle S.r.l. la legittimità delle stesse è desumibile a fortiori dall’espressa previsione dell’“intrasferibilità” di cui all’art. 2469 II c.c.. Locuzione che evoca un divieto senza limiti né eccezioni di sorta, rispetto alla quale l’intrasferibilità parziale rappresenterebbe un minus tollerato. Nessun diritto di recesso all’introduzione, non rientrandosi nemmeno nella rosa delle cause legali di cui all’art 2473 c.c..
È gioco-forza concludersi, allora, che nelle sole S.p.a trovi un qualche fondamento interrogarsi sulla legittimità delle stesse dal momento che l’art. 2355 bis c.c. sol contempla il divieto di trasferimento per la durata massima di 5 anni. Ma si è già visto come l’intrasferibilità parziale non possa certo equipararsi ad un divieto di trasferimento tout court. L’effetto? La clausola è legittima e senza alcun vincolo temporale. Resta inteso che si rientra a pieno titolo nella nozione di “limite alla circolazione”. Di qui il diritto di recesso in sede di introduzione, ex art. 2437 II b) c.c., salvo che lo statuto non disponga diversamente.