Srl, l’esclusione del socio in mora parziale nelle mani delle previsioni statutarie

Concentriamoci sulle società a responsabilità limitata. Restringiamo ancora il campo di analisi fino a soffermarci sull’inadempimento limitato all’aumento di capitale. E chiediamoci ora quel che accade nel caso in cui il socio che pure in sede di costituzione abbia integralmente liberato la sua quota, in sede di successiva delibera di aumento si limiti a versare almeno il 25% di quanto sottoscritto. È moroso solo per la parte della sua quota non onerata in occasione dell’aumento o per l’intera partecipazione? Fino a che punto si spinge il principio di unitarietà della quota: fino a comportare la totale esclusione del socio, oppure può in qualche modo considerarsi la sola parte per cui è in debito e procedersi alla relativa riduzione del capitale sociale?

Quota unitaria, ma divisibile. È questa l’opinione già da tempo espressa del Consiglio Notarile di Firenze. Considerazione che conduce a un’ulteriore passaggio. Negare l’esclusione del socio che sia moroso solo relativamente a un aumento. Alla mora nel mero aumento sol può corrispondere riduzione del capitale sociale per la porzione relativa all’aumento rimasta ineseguita.

Ebbene, la Corte di Cassazione è recentemente tornata sulla calda tematica. La pronunzia n. 1185/2020 ribadisce quanto detto. Deve deliberarsi la riduzione del capitale per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione dell’aumento non onorato. Senza coinvolgere o intaccare la parte già in titolarità del socio ante delibera. La morosità del socio nella sola frazione sottoscritta in occasione di una delibera di aumento del capitale non può condurre alla sua esclusione. Non si permette, insomma, di incidere sulla qualità di socio già stabilmente acquisita. Questa la ratio. Ma a ben vedere è lo stesso dato normativo ad essere di supporto in tal senso. L’esclusione del socio inadempiente per la mancata esecuzione del conferimento non può essere consentita proprio in quanto non prevista dall’art. 2466 c.c.

La Suprema Corte fa però salva una vistosa eccezione. Novità di tutto rilievo. Quella in cui sia lo statuto a espressamente siglare l’indivisibilità delle quote sociali. Tale previsione cambia ogni regola del gioco. Mentre normalmente in ipotesi di mora parziale possono ripetersi per le srl le medesime considerazioni svolte sulle Spa, l’indivisibilità statutaria sovverte quest’ordine. Ed è proprio ed esclusivamente in forza di questa che a subirne le conseguenze sarebbe l’intera partecipazione sociale. Non sussisterebbe più distinguo alcuno tra porzione sottoscritta in sede di aumento e fetta di cui il socio fosse già precedentemente titolare. Queste verrebbero a comporre e a costituire un tutt’uno unitario e inscindibile. Di qui l’inevitabilità della totale esclusione del socio dalla compagine sociale.

Per maggiori informazioni o per una consulenza contattaci!

Condividi questo articolo
Articoli simili