Nell’ ottica di una semplificazione urbanistico-edilizia, il Governo ha introdotto il Decreto Legge n. 69 del 29 maggio 2024, in aiuto ad una normativa rigida e frammentata, costituita da procedure incerte ed ostacoli che rallentano la commerciabilità dei beni e l’accesso a mutui, sovvenzioni e contributi. Si discute da qualche mese della nuova importante riforma, il Decreto Legge c.d “salva casa”, convertito in Legge il 24 luglio 2024, il cui obiettivo si sostanzia nella semplificazione edilizia ed urbanistica, per fornire un riscontro concreto al crescente fabbisogno abitativo e garantire la circolazione dei beni. Le disposizioni in oggetto mirano alla salvaguardia ed alla garanzia di una celere circolazione dei beni, consentendo una maggiore facilità nella vendita degli immobili e permettendo la rigenerazione edilizia, mediante la previsione di misure volte a favorire la regolarizzazione delle cd. “lievi difformità edilizie”. Trattasi, infatti, di difformità che talvolta rallentano le operazioni di compravendita, creando situazioni di stallo, e arrivando, in qualche occasione, a comprometterle. Tale manovra guarda alle casistiche di minore gravità, quali:
• le difformità formali, derivanti da incertezze ed errori interpretativi della disciplina vigente;
• le difformità edilizie interne (cd. “tolleranze costruttive”), risultanti da interventi realizzati in diversi momenti nel tempo, dai proprietari che agivano in assenza di formale autorizzazione o segnalazione, non rendendo facile oggi accertare lo stato legittimo dell’unità immobiliare.
Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, la tolleranza si amplia fino al 6 per cento rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati. • le difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi, a causa della “doppia conformità”, ossia il rispetto delle norme vigenti nel tempo della realizzazione e delle norme in vigore al tempo della presentazione della domanda. In forza di tale superamento, nei casi di parziale difformità o variazioni essenziali, è sufficiente provare la conformità “alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione” (art. 36-bis, comma 1 TUE). Questo significa che, per ottenere la sanatoria, sarà sufficiente provare la conformità urbanistica odierna, ossia al momento della presentazione della domanda, e la conformità edilizia al tempo della realizzazione dell’opera. Diversamente, restano assoggettati alla “doppia conformità” gli interventi realizzati in totale difformità rispetto al permesso di costruire o alla SCIA. Per comprendere la portata di queste casistiche, si ritiene necessario capire cosa si intente per “parziale difformità”, essa si ricava dalla giurisprudenza e sussiste “solo quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera”
(Consiglio di Stato, sentenza 30/03/2017, n. 1484).