Verso una maggiore tutela della convivenza di fatto

La convivenza di fatto rientra nell’ambito di applicazione della legge 76/2016, la quale ne prevede la relativa definizione, identificando i conviventi come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”.

Una disciplina limitata per le convivenze

Si può certamente affermare che il legislatore non ha previsto una disciplina organica al pari delle unioni civili, limitandosi a dettare qualche norma per le convivenze, offrendo una disciplina poco vincolante. Questo perché, a differenza delle unioni civili, disciplinate anch’esse nella stessa Legge Cirinnà, l’idea del legislatore era quella di lasciare piena libertà di regolazione dei rapporti di convivenza. Qualora una coppia desideri far discendere o ricollegare alla propria unione delle conseguenze più importanti, tale possibilità è garantita dal contratto di convivenza, piuttosto che dal matrimonio o dall’unione civile.

La clausola di estensione nella Legge 76/2016

La Legge 76/2016, all’art. 1, comma 20, contiene una clausola di estensione: le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle che contengono le parole “coniugi o sposi o equivalenti” si applicano anche alle parti dell’unione civile. Non è così per le convivenze: la suddetta legge ha dettato una disciplina scarna e frammentata, lasciando ai conviventi la possibilità di regolare la loro vita comune tramite la loro autonomia privata, potendo stipulare un contratto di convivenza cui la legge attribuisce una determinata rilevanza.

La giurisprudenza pre-2016 e la tutela della convivenza

L’esigenza di una tutela della convivenza di fatto si è manifestata già prima del 2016, periodo in cui la giurisprudenza aveva già riconosciuto effetti giuridici alle convivenze. Con riguardo all’impresa familiare, la stessa Legge Cirinnà introduce un’apposita disciplina per i conviventi di fatto, riportata nel codice civile all’art. 230-ter, ma che individua una tutela nettamente ridotta rispetto a quella prevista per i familiari dell’imprenditore, dimostrando la volontà del legislatore di non assimilare la mera convivenza a una forma di vita familiare basata sul matrimonio e sull’unione civile.

Ampliamento della tutela: la sentenza della Corte Costituzionale

Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 148/2024, viene ampliata la tutela del convivente, nell’ipotesi in cui presti la propria attività lavorativa nell’impresa del partner. In questo senso, allora, non viene solo considerata la famiglia “istituzionale” composta da due membri uniti dal matrimonio o dall’unione civile, ma anche la famiglia moderna costituita da coppie conviventi, rientrando entrambe nella tutela dell’art. 2 della Costituzione.

La tutela dei diritti fondamentali per i conviventi

Infatti, la ratio legislativa sottostante la protezione della persona che lavora in contesti familiari di cui all’art. 230-bis del codice civile è la medesima per i familiari così come per i conviventi. La Corte ribadisce che permangono differenze di disciplina rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, ma quando si tratta di diritti fondamentali, questi devono essere riconosciuti a tutti senza distinzioni, quali il diritto al lavoro e alla giusta retribuzione, diritti che devono essere ugualmente tutelati nei confronti del coniuge e del convivente. La Corte ha ritenuto, quindi, irragionevole la mancata estensione di tutela al convivente di fatto nell’impresa familiare.

 

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