Società di persone: può un non socio assumere la qualifica di amministratore?

Va posto in questi termini il quesito affrontato dal Consiglio Notarile di Firenze nella Massima n. 78/2022. Invero, se nelle società di capitali è la legge stessa ad espressamente aprire gli scenari ad una tale possibilità (art. 2380 bis II° c.c. e art. 2475 c.c.), nella disciplina delle società di persone non è neppure adombrata l’ipotesi della nomina del terzo estraneo.

Anzi, a ben rifletterci, l’unico contesto in tema di società personalistiche in cui il legislatore tocca la questione, è occasione per escluderla nella maniera più categorica. Il riferimento è alle società in accomandita semplice. L’art 2318 II° c.c., infatti, è felicemente chiaro nello stabilire che l’amministrazione può esclusivamente affidarsi ai soli soci accomandatari. Dunque, se nemmeno si ammette la nomina ad amministratore dei soci accomandanti, che pure ben potrebbero avervi interesse, a fortiori tale divieto vale per i terzi.

E per le altre società di persone? Possono ripetersi per identità di ratio le medesime considerazioni? Ebbene, il Consiglio notarile fiorentino approda ad una risposta negativa. Il disposto dell’art 2318 c.c. gode di una portata eccezionale, dunque, da circoscriversi e limitarsi alle sole S.a.s..

È ammesso l’amministratore non socio per tutte le società di persone diverse dalle società in accomandita semplice. Tanto, proprio in considerazione della libertà lasciata dal legislatore alle parti. Occorre, tuttavia, distinguere:

  • Nelle società in nome collettivo è sempre legittima l’amministrazione di un estraneo. Nonostante la nomina ad amministratore di un non socio, comunque i terzi che entrino in contatto con la società saranno tutelati. Nelle snc, infatti, tutti i soci son sempre e comunque responsabili personalmente per le obbligazioni sociali nei confronti dei creditori sociali siano o meno investiti dell’amministrazione della società. Pure un eventuale previsione statutaria di un patto contrario alla responsabilità illimitata e solidale, ammesso dall’art 2291 II° c.c, non sarebbe idoneo a generare alcun effetto nei confronti dei terzi, ma varrebbe nei soli rapporti interni tra soci. Per l’effetto, la posizione dei terzi creditori della società non sarebbe in alcun modo compromessa da una clausola statutaria che riservi l’amministrazione ad un terzo. Anzi, tutto al contrario, non potrebbe che uscirne rafforzata dal momento che ogni atto compito in nome della società autorizza ad agire nei confronti dei singoli soci ed altresì ad aggredire il patrimonio personale dell’amministratore estraneo a titolo di responsabilità extracontrattuale, qualora il comportamento di quest’ultimo dovesse costituire un illecito.
  • Nelle società semplici è del pari ammessa la figura dell’amministratore non socio; tuttavia, non potranno essere previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità di tutti i soci. Infatti, tale eventuale patto in deroga nelle S.s. a differenza delle s.n.c., ai sensi dell’art 2267 II° c.c., sarebbe capace di valere anche nei confronti dei terzi, se debitamente pubblicizzato. Senza questa specifica si verrebbe a configurare una società nella quale tutti i soci godrebbero della esclusione o della limitazione della responsabilità in aperto contrasto con la lettera, ma soprattutto con lo spirito della legge in ambito di società di persone.

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