Ok alla scissione estrema, ma senza sconvolgere il principio maggioritario

A ciascuna tipologia di scissione non proporzionale la sua maggioranza ai fini dell’approvazione. Ma i casi che posso porsi nella prassi sono vari e non sempre agevolmente riconducibili ad una delle fattispecie illustrate nel precedente articolo.

Ad esempio, la scissione totale, cioè quella che comporta estinzione della società scissa, potrebbe atteggiarsi come “estrema”. Ciò qualora la scissa gemmasse in tante società beneficiarie ciascuna assegnata ad uno dei suoi soci. Tale fattispecie, d’altronde, si presta ad agevolare il superamento di problemi di conflittualità tra i soci, consentendo di realizzare una totale spaccatura tra le compagini sociali. Di qui il suo frequente ricorso. Ma come inquadrare tale scissione estrema: non proporzionale o asimmetrica? Ebbene, il Tribunale di Milano con sentenza del 21 settembre 2020 NRG 20283-1/2020 si è espresso su un controverso progetto di scissione di tal fatta. Scissione che presta a definirsi anche “soggettiva” in quanto ciascun socio della scissa è “spalmato” in una diversa società beneficiaria. L’attribuzione non proporzionale non può già riguardare quote della società madre, che più non esiste post operazione, ma solo quote delle beneficiarie.

Avremmo, insomma, almeno un socio (in realtà tutti) senza alcuna partecipazione in almeno una società. Il che porterebbe a collocare la situazione in disamina nell’alveo di una scissione asimmetrica.

Ed è invece proprio qui che si inserisce il succitato Tribunale di Milano. La scissione totale estrema è necessariamente non proporzionale. L’estinzione della scissa preclude l’effetto tipico della asimmetrica ovverossia l’incremento dell’entità delle quote di taluno dei soci nella scissa.

Sarebbe, insomma, dallo stesso dato letterale dell’articolo 2506 II° c.c. a doversi desumere che la scissione asimmetrica non può che essere parziale. Invero, anche dopo le Sezioni Unite 21970/2021 nessun dubbio che la scissa rimanga in vita nella scissione parziale. Ecco allora che la disciplina ivi dettata, derogando al criterio maggioritario, principio generale per le società capitalistiche, sarà di stretta interpretazione. Esclusiva e riservata alla sola scissione parziale asimmetrica.

Non serve l’unanimità per la scissione totale soggettiva. Resta quindi approvabile con il voto a maggioranza la scissione non proporzionale benché estrema. Quella, cioè, in cui ai soci siano assegnate partecipazioni anche solo di una delle beneficiarie. A nulla rileva che essi, in toto, siano esclusi dalla società di partenza e/o da alcuna delle beneficiarie.

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