Arbitrato ordinario tra compromesso e clausola compromissoria

Arbitrato ordinario e arbitrato nel contenzioso societario. Due rimedi la cui disciplina si rinveniva rispettivamente nel codice di procedura civile nel primo caso e in una normativa speciale nel secondo.

Arbitrato ordinario e arbitrato nel contenzioso societario. Due rimedi la cui disciplina si rinveniva rispettivamente nel codice di procedura civile nel primo caso e in una normativa speciale nel secondo. Il d.lgs. n 5/2003 per la precisione. Almeno fino alla ormai nota Riforma Cartabia.

Partiamo intanto dall’arbitrato ordinario. Anzitutto, cos’è l’arbitrato ordinario? L’arbitrato ordinario si pone come alternativa alle ordinarie vie legali relativamente alle eventuali controversie che dovessero sorgere tra le parti di un determinato contratto. Ad esso si può accedere in due modi.

Su base volontaria, se una volta sorta una lite tra le varie parti contrattuali, queste dovessero decidere di stipulare un contratto di compromesso di cui all’art. 807 c.p.c volto proprio a devolvere ad arbitri la risoluzione di una controversia in luogo di affidarsi alla cognizione ordinaria.

Le parti contrattuali, tuttavia, potrebbero essersi già previamente vincolate nella scelta di rimettersi ad arbitri. Se infatti già l’originario contratto stretto tra le medesime conteneva al proprio interno una clausola compromissoria, l’adizione dell’arbitrato ordinario diventa, al momento dell’esigenza, una scelta dovuta. Ai sensi dell’art. 808 c.p.c le parti possono a monte stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato. Infatti, le parti solo possono fare decider ad arbitri le controversie che non abbiano ad oggetto diritti indisponibili.

Tra questi ultimi, si ritiene, ad esempio, che la clausola non possa mai gravare sui diritti dei legittimari. Questo perché la sola clausola compromissoria si presta altresì ad essere inserita all’interno dell’atto di ultima volontà per quanto venga ad atteggiarsi in maniera senz’altro differente. Si tratterebbe di una clausola con cui il testatore da un lato onera determinati soggetti a devolvere ad arbitri una determinata controversia, senza con ciò privarli del diritto di difesa. Invero, la giustizia vien loro comunque assicurata per quanto ricorrendo ad uno strumento alternativo. Dall’altro, il de cuius non può certo spingersi fino al punto di scegliere lui stesso i nominativi degli arbitri essendo che la legge è chiara nel lasciare tale determinazione alla volontà delle parti in lite.

I legittimari potranno così avvalersi della giustizia ordinaria per le controversie relative alla indisponibile, mentre saranno tenuti a rispettare la disposizione arbitrale testamentaria nei limiti della disponibile.

L’arbitrato ordinario può essere si rituale che irrituale. La differenza tra le due forme verte in ciò che mentre quello rituale ha gli effetti tipici del giudicato, quello irrituale ha tipica valenza negoziale. La controversia verrà cioè definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale.

La clausola compromissoria contenuta in un contratto, infine, secondo la recentissima pronuncia della Cassazione con ordinanza del 5 luglio 2023 non estende i propri effetti alle controversie relative ad un altro contratto ancorché collegato.

 

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