Reintegra in senso stretto, reintegra transattiva… tertium non datur? Niente affatto. Alquanto anodina la mancata riconduzione degli intenti delle parti volti al riconoscimento della legittima in nessuna delle due fattispecie contrattuali di cui si è dato conto negli ultimi due focus. La categoria degli accordi di reintegra della legittima in senso lato si presta ad accogliere, infatti, un’ulteriore tipologia. Ultima, ma decisamente ampia, in quanto aperta e permissiva nei suoi spazi applicativi. Si tratterà banalmente di stipulare negozi atipici, ammissibili se ed in quanto meritevoli di tutela. Niente di distonico rispetto al sistema, insomma.
Si tratterà di una rinuncia onerosa ad ogni pretesa da parte del legittimario leso o pretermesso a fronte dell’integrale riconoscimento dei diritti successori asseriti. Via libera alle pattuizioni tra legittimari lesi e beneficiari delle disposizioni lesive. L’oggetto?
Da un lato, la rinuncia ad ogni pretesa giudiziale da parte del legittimario che lamenti il trattamento ricevuto. Ossia, la rinunzia alla proposizione dell’azione di riduzione. Evidente manifesto dell’intenzione di dismettere definitivamente e nella sua interezza detta azione. È così preclusa ogni futura contestazione. Se ne trae una prima conseguenza. La preclusione del conseguimento della qualifica di erede in capo a chi già non l’abbia ottenuta per successione.
Il legittimario è pronto a tollerare tutto ciò in cambio di una prestazione, che costituisce il prezzo stesso della rinuncia.
Ecco allora che volgendo lo sguardo dall’altro lato, si rinviene un vero e proprio corrispettivo a carico degli eredi. Corrispettivo identificabile nell’attribuzione tanto di una somma di denaro, ereditario o meno, quanto e perfino di un trasferimento immobiliare. Essa è il frutto della piena e libera valutazione delle parti. In breve, quindi, negozi onerosi di tacitazione dei diritti successori.
Mancando le reciproche concessioni, non siamo più innanzi ad un negozio transattivo. Un atto traslativo quindi. Un atto in cui si offre all’erede la possibilità di trasferire indifferentemente beni ereditari oppure personali. Non sussiste distinzione, invero. Il patrimonio è comunque, in entrambi i casi, dell’erede. Esito della confusione generata dall’apertura della successione. A livello pratico e applicativo, invece, un importante spartiacque. Ove la scelta circa l’oggetto dell’attribuzione ricada su beni ex asse ereditario, non si potrà prescindere dalla previa presentazione della dichiarazione di successione.