Rinuncia all’impugnativa testamentaria: una liberalità indiretta dalla reazione a catena

E se tra legittimari lesi e quelli, invece, beneficiati ben oltre la quota minima a loro riservata per legge corresse buon sangue? Vorrà dire che, anziché mettersi in discussione testamento e donazioni esperendo l’azione di riduzione, i primi rispetteranno la volontà del de cuius, rendendola stabile e definitiva. Come? Ad esempio proprio espressamente rinunciando ad agire in riduzione una volta apertasi la successione del disponente. Rinuncia già compresa nel caso in cui le parti abbiano deciso di stipulare un accordo di reintegra della legittima. Rinuncia che può espressamente rendersi a titolo di reciproca concessione quale sinallagma all’interno di una reintegra transattiva ovvero ancora dietro la corresponsione di una certa somma di denaro.

Ma non si dimentichi che la rinuncia alla riduzione è prima di tutto un negozio unilaterale. Che dunque può effettuarsi anche di per sé solo. Senza corrispettivo. Senza un ritorno. Senza dovere necessariamente coinvolgere altri.

Ecco allora che la rinuncia alla riduzione potrebbe comportare indirettamente la realizzazione di una liberalità a favore dei beneficiari delle diposizioni con le quali pure il testatore abbia ecceduto la quota di cui poteva disporre. Questo allorquando sussista un nesso di causalità diretta tra rinuncia degli uni e l’altrui arricchimento. Parola di Cassazione. Più nello specifico, della sentenza del 28 luglio 2023 n 23036.

Avrebbe, infatti, pieno titolo di rientrare nel concetto stesso di impoverimento utile ai fini della configurazione di una donazione indiretta non solo l’ipotesi più evidente di trasferimento di un bene che già facesse parte del patrimonio del de cuius, ma anche il mancato e consapevole esercizio della possibilità di arricchire il proprio patrimonio in favore della parte che da tale azione ne sarebbe risultata impoverita, sorretto da intento liberale.

Gli effetti a cascata sarebbero veramente interessanti. Rilevando, infatti, anche le donazioni indirette ai fini della determinazione della riunione fittizia, dovrebbe necessariamente considerarsi anche la predetta rinuncia alla riduzione sull’altrui successione per calcolare la fetta di patrimonio riservata per legge ai propri legittimari. Ne deriverebbe che il mancato esercizio di tale azione potrebbe arrivare a giustificare a catena la successiva impugnativa in riduzione a seguito dell’apertura della successione del rinunziante da parte di un di lui legittimario conseguentemente leso. Privato di quella fetta di patrimonio, che, in difetto della rinuncia all’azione di riduzione, gli sarebbe spettata.

Questo nell’ipotesi di formale rinuncia notarile all’azione. Diversa la situazione ove il diritto di agire in riduzione venga perso per effetto della sua prescrizione. Cioè a seguito dell’inerzia del suo titolare. Certo risulterebbe difficile rintracciare la sussistenza dell’animus donandi nel semplice contegno omissivo.


Per maggiori informazioni o per una consulenza contattaci!

Condividi questo articolo
Articoli simili