Quota di legittima. Termine che racchiude la porzione spettante in caso di attivazione della successione necessaria. Di quella successione per legge, cioè, che scatta a tutela dei legittimari qualora disposizioni testamentarie o precedenti donazioni eccedano la quota di cui il defunto poteva disporre. Un aspetto è in particolare degno di nota. L’essere cristallizzata nel suo quantum all’apertura della successione. Questo si traduce nella totale insensibilità innanzi al susseguirsi delle vicende cui può assistersi a seguito del decesso della persona della cui successione si tratta. A nulla rilevano le rinunce di eventuali altri legittimari. E, si badi, questo non significa che il legittimario rinunziante non faccia più computo nel calcolo delle quote di riserva. Anzi, rimanendo invariate le quote di legittima, la quota del legittimario rinunziante andrà a vantaggio della disponibile.
Ma la quota di legittima è una porzione di utile netto o piuttosto una quota di eredità?
Il legittimario che abbia già ottenuto, in vita del de cuius, una porzione del suo patrimonio mediante donazione magari dal valore corrispondente alla legittima, deve considerarsi soddisfatto nei propri diritti?
Se così fosse, non diverrebbe mai erede il legittimario pretermesso che pure agisca in riduzione. Guardando al lato positivo, nemmeno gli si richiederebbe il pagamento dei debiti ereditari.
Ebbene, l’ordinamento sembra piuttosto attribuire al legittimario il diritto ad ottenere una fetta di eredità. Il diritto, quindi, a divenire erede con annessi agi e oneri del caso. In particolare, il pagamento pro quota dei debiti ereditari.
Per questo è riconosciuta astrattamente una quota di legittima da individuarsi ai sensi degli artt 536 e ss c.c. Ossia una quota sull’intero patrimonio riunito calcolato al netto dei debiti e arricchito di tutte le donazioni effettuate in vita. Rapporto definito quota di patrimonio netto.
Ma in concreto il legittimario dovrà ottenere una quota di eredità, ossia dei soli beni lasciati all’apertura della successione. In particolare, gli sarà attribuito un quid pluris rispetto alla mera legittima. Quel tantum che gli permetta di pagare la sua parte di debiti ereditari e al contempo mantenere al netto una quota corrispondente alla sua legittima.
Serve, cioè, procedere alla c.d. conversione della quota di legittima in quota di eredità.
Dunque, da un lato, la qualifica di legittimario consente di agire giudizialmente in riduzione contro eventuali donazioni a favore di terzi. Il bene, risultando come mai uscito dal patrimonio del testatore, verrebbe però acquisito a titolo di erede.